Ai fini risarcitori, si considera infortunio sul lavoro qualsiasi evento dannoso che trovi occasione in ambiente lavorativo e che sia riconducibile all’omessa predisposizione, da parte del datore di lavoro, delle misure idonee a tutelare l’integrità fisica del lavoratore.
Si distingue più propriamente tra infortunio sul lavoro, inteso quale incidente avvenuto per causa violenta, e malattia professionale, intesa quale patologia che agisce lentamente e progressivamente sull’organismo.
Entrambe le definizioni qualificano menomazioni meritevoli di tutela risarcitoria più spesso ricondotte, fuori dall’ambito strettamente assicurativo, alla macro area degli infortuni sul lavoro.
In punto di prova, il lavoratore danneggiato, o chi per esso in caso di morte, deve dimostrare l’esistenza del rapporto di lavoro, del danno e del nesso di causalità tra il danno stesso ed il comportamento del datore di lavoro che si reputa non rispondente alle prescrizioni di legge. Il datore di lavoro sarà ritenuto responsabile, salvo che provi di aver adottato ogni misura idonea ad evitare il danno.
Per le attività lavorative considerate “protette”, che comprendono in linea di massima quelle attività che richiedono l’impiego di lavoro prevalentemente manuale, la legge impone al datore di lavoro l’assicurazione obbligatoria dei dipendenti contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gestita dall’INAIL.
L’ente previdenziale è tenuto a versare un indennizzo in favore del lavoratore infortunato o ammalatosi per causa di lavoro, anche se il sinistro non è attribuibile a colpa del datore di lavoro. Se quest’ultimo versa in colpa è esonerato dalla responsabilità civile, salvo che abbia riportato condanna penale per il fatto generatore dell’infortunio.
Ciò significa che il lavoratore avrà diritto alla prestazione assicurativa dell’INAIL e potrà agire civilmente nei confronti del datore di lavoro solo per il danno differenziale, cioè per le voci di danno non coperte dall’assicurazione.
Se il datore di lavoro riporta una condanna penale per il fatto infortunistico, il lavoratore potrà agire nei suoi confronti per l’intero danno, previa decurtazione dall’ammontare risarcitorio di quanto già percepito a titolo di indennità dall’INAIL (compensatio lucri cum damno).
In caso di morte del lavoratore, a prescindere dalla colpa del datore di lavoro, l’INAIL è tenuta a corrispondere una rendita ai superstiti per il sopraggiunto mancato contributo economico che il de cuius apportava alla propria famiglia.
Se il datore di lavoro è responsabile, che abbia riportato o meno una condanna penale, gli eredi del lavoratore possono agire nei suoi confronti per ottenere il danno da uccisione del congiunto, senza che operi la decurtazione dall’ammontare risarcitorio delle somme già percepite a titolo di indennizzo, attesa la natura strettamente patrimoniale della prestazione.
L’azione di risarcimento danni nei confronti del datore di lavoro si prescrive in dieci anni, mentre quella volta a ricevere la prestazione assicurativa dall’INAIL si prescrive in tre anni. In entrambi i casi è competente per la fase giudiziale il Giudice del lavoro.
Come si è visto, la materia degli infortuni sul lavoro desta non poche problematiche applicative, perciò è necessario rivolgersi ad avvocati esperti, che analizzino il caso congiuntamente ad un medico legale che proceda alla quantificazione del danno.
Lo Studio Associati Maior offre assistenza legale e medico-legale congiunta sull’intero territorio nazionale.
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